La fine dell’era dello smart working!

Prima della pandemia COVID-19 lo smart working veniva “pubblicizzato” come una modalità innovativa di lavorare. Lo strumento che avrebbe agevolato il passaggio dal lavoro misurato ad ore o giornate a quello per obiettivi.

Con l’avvento della pandemia un numero mai immaginato prima di lavoratori si è trovato da un giorno all’altra a lavorare in remoto. E’ stata la prima volta in cui il lavoro è stato massicciamente prestato da un luogo diverso dall’ufficio.

Con il miglioramento della situazione sanitaria molte aziende hanno cominciato a richiamare i dipendenti in ufficio. Chi per qualche giorno al mese e chi implementando una sistema di flessibilità e rientri programmati.

Col passare del tempo si è passato al rientro di almeno due/tre giorni a settimana e/o al sistema ibrido ma flessibile.

Ma è nell’ultimo anno che si rilevano le maggiori movimenti che di fatto stanno smantellando il sistema dello smart working. La maggior parte degli annunci di lavoro indicano chiaramente che la prestazione sarà da effettuare presso la sede dell’azienda, ossia in presenza. Molte aziende lo hanno ridotto a non più di due giorni e altre ancora hanno talmente irrigidito le regole che si può dire che tale modalità è presente solo sulla carta.

Nonostante qualche buona notizia, come ad esempio l’accordo di Unilever con i sindacati per lo smart working, c’è una tendenza generale allo smantellamento di tutti i progressi fatti durante il periodo di pandemia.

Da un pò di tempo molte aziende oltreoceano avevano cominciato a concedere dei incentivi o migliori stipendi a chi sceglieva di lavorare in ufficio.

La notizia di oggi potrebbe, di fatto, essere la mazzata finale allo smart working. Un articolo su Repubblica.it raccontava come due grandi banche d’affari – la JP Morgan Chase e Goldman Sachs – hanno deciso di richiamare i propri dipendenti in ufficio 5 giorni su 5. La ragione di tale decisione viene indicata essere la scarsa produttività!

Di recente è stato prorogato anche lo strumento dello smart working per i genitori con figli minori di 14 anni. Ci sono delle aziende che lo hanno interpretato come mera proroga dello strumento ma non delle sue caratteristiche visto che lo stato di emergenza è cessato a fine marzo. Di fatto, se va bene, concedono 1/2 giorni alla settimana mentre precedentemente i genitori con figli minori di 14 anni poteva effettuare l’intera prestazione lavorativa in modalità smart working.

Come può essere che gli stessi dipendenti che nei mesi più duri della pandemia hanno fatto l’impossibile per sostenere le aziende per cui lavorano, usando anche mezzi personali, siano diventati così improduttivi? Oppure è la natura dell’essere umano, la paura di non esercitare il controllo e di non poter controllare guardando un orologio nel muro che sta portando allo smantellamento dello smart working?

Domande che sorgono spontanee visto che per molto tempo sono state le aziende stesse che indicavano risparmi non indifferenti dallo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working.